(Barcelona, 1973)
260 × 180 cm / 101,4 × 70,2 in
Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò.
GENESI, 1,27
Gli Etiopi credono che [gli dei) siano camusi e neri, i Traci,
che abbiano occhi azzurri e capelli rossi ... ma se i cavalli
avessero le mani e sapessero disegnare, i cavalli disegnerebbero
gli dei simili a cavalli.
Senofane di Colofone (500 a.C. circa)
Nel 2017 è stato messo all’asta da Christie’s New York il
dipinto più costoso della storia: un Salvator Mundi, attribuito
a Leonardo da Vinci. Il prezzo pagato dall’investitore è stato
di circa 450 milioni di dollari.
Il dipinto, datato tra il 1499 e il 1500, mostra Gesù Cristo
che ci benedice con la mano destra mentre con la sinistra
tiene un globo di vetro, metafora dell’universalità del suo
messaggio.
Sia Leonardo che chi ha commissionato questo dipinto
hanno immaginato il figlio di Dio come una proiezione ottimizzata
della propria etnia: maschio, bianco, giovane e di
presenza ipnotica.
Quando ho ricevuto l’invito dal Camerun a partecipare al
suo padiglione, ho pensato di ricreare l’immagine del figlio
di Dio come vorrebbe vederla un camerunese, e mi è sembrato
doppia-mente opportuno esporla in una delle capitali
della cristianità e della controriforma: Venezia.
Mi interessa l’idea di fare un dipinto che abbia la credibilità
del vecchio ma che presenti quell’anacronismo e che ci inviti
a chiederci se accettiamo o meno quel personaggio come
fi-glio di Dio, proprio per il colore della pelle, perché in tutto
il resto è uguale al Salvator Mundi di Leonardo.
Una Trinità di dipinti di grande formato accompagna questa
immagine in un processo di dissoluzione, di smaterializzazione.
Se Dio esiste, è sensato credere che ce ne sia uno
solo, poiché sarebbe troppo umano credere che ce ne sia
uno per ogni etnia. Ho sempre creduto nell’inconveniente di
adorare oggetti e simboli che usiamo in sostituzione di Dio
perché l’esperienza dei secoli ci mostra che li usiamo in un
modo che ci mette di fronte e ci separa da qualsiasi gruppo
etnico che non è il nostro.